ABOUT ME

Curiosa, entusiasta, sempre in movimento. Da quando ho iniziato a viaggiare non ho piu smesso! Se vuoi conoscermi meglio clicca sulla mia foto.

Stay Connected

VAL D’AYAS – Testa Grigia da Ostafa

Per chiudere in bellezza una estate a tutta natura, costellata da tanti trekking emozionanti, pianifichiamo per il 31 agosto la salita al Testa Grigia. O almeno, ci proviamo. Il Testa Grigia è una cima che dai suoi 3.314 metri fa da spartiacque tra la Val d’Ayas e quella di Gressoney.

È una cima che ho pensato di saliare tante volte, ma ho sempre trovato valide scuse per rimandare. Per qualche motivo mi incuteva soggezione. Vuoi il suo nome, vuoi i resoconti trovati sul web, vuoi i commenti di qualche amico che ci era già stato. Quest’anno volevo però vincere questa resistenza, alla fine la mia curiosità innata e la brama di esplorare luoghi dove non sono mai stata, hanno sempre la meglio su di me. Ed è proprio vero che poi ognuno porta a casa la propria personalissima esperienza.  Ora vi racconto com’è andata.

Incoraggio due amici ad accompagnarmi e già il fatto di non andare in solitaria come spesso accade (perché così mi piace) mi rincuora. Raggiungiamo in auto Champoluc e lasciamo l’auto nell’ampio e comodo parcheggio di fronte alle Terme, dove al venerdì si svolge il mercato.

Ci siamo organizzati per prendere la prima corsa delle 8,00 della Telecabica Crest – Ostafa. Prezzo del biglietto per l’estate 2024 è di € 22,00 A/R. Caruccia, non si discute, ma effettuare l’intera escursione partendo a piedi dal fondo della valle come qualcuno ho letto abbia fatto, per me è da pazzi.

Raggiunta Ostafa (2.400 m), imbocchiamo il sentiero nr 12, che in un’ora di cammino conduce al Colle Pinter (2.777 m) e successivamente al Testa Grigia. Uscendo dalla telecabina il sentiero è proprio davanti a noi, nonostante la segnaletica sembra invitare a tenere la sinistra, andiamo dritto.  Ufficialmente siamo ancora in estate, tuttavia la luce è cambiata drasticamente.

L’autunno è nell’aria, più vicino di quanto stabilisca il calendario.

La prima parte dell’itinerario è molto tranquilla. Percorriamo un lungo traverso a mezza costa, caratterizzato da dolci sali scendi. Sono rientrata in Valle ieri sera tardi, dopo una settimana di ufficio, afa e zanzare. Oggi la sveglia è suonata all’alba e questo insieme di fattori mi portano a percorrere questo primo tratto in uno stato semi catatonico. Sento il corpo ancora avvolto in una condizione di torpore, ma decido di assecondarla. La giornata è lunga e ci sarà tempo per attivarsi a dovere. Per ora lascio fare all’aria fresca e pungente che ci permette di arrivare al Colle Pinter quasi senza rendercene conto.

Il sentiero non presenza nessuna difficoltà, fino ad incrociare il sentiero 13 che sale dal Crest e raggiunge sempre i Laghi e il Colle Pinter. Itinerario che abbiamo scartato per ridurre il dislivello in positivo del primo tratto. Dal momento in cui i due percorsi si uniscono, ha inizio un ampio e impegnativo canale. La prima salita della giornata che porta al Colle Pinter (2.777 m).

L’aria di sta scaldando e assieme a lei anche il mio corpo. Il cervello ha inviato il segnale. I muscoli come risvegliati da una doccia gelata, diventano reattivi ad ogni minima sollecitazione.

Breve tappa fotografica al Colle Pinter per poi entrare nel vivo di questa escursione. Imbocchiamo il sentiero 11 A alla nostra sinistra e ci rendiamo presto conto che la salita che ci ha condotto al Colle Pinter era solo l’antipasto.

Man a mano che guadagniamo quota la vista si apre sempre di più, spazia dai Laghi Pinter sottostanti fino al Lago Perrin. Piano piano oltre il Colle Pinter inizia a delinearsi la Valle di Gressoney con l’abitato di Gressoney Saint Jean. Dal Colle Pinter, infatti, si può scendere e raggiungere l’alpeggio Alpenzù.

Se volete saperne di più vi invito a leggere questo post dello scorso anno.

La temperatura rispetto alla partenza è aumentata ma la giornata ci permette di procedere senza sudare troppo. Se sudiamo è solo e unicamente per lo sforzo della salita.

Il sentiero è ben marcato da bollini gialli. La vegetazione è sparita, stiamo entrando negli ambienti di pietra e rocce caratteristici dell’alta quota. Solo qualche piantina grassa e margherita ogni tanto ravvivano il paesaggio sempre più mono cromatico che ci sta avvolgendo.

Superiamo questo pendio che non ci ha dato tregua; nell’ultima parte si è rivelato più infido del previsto a causa del terreno particolarmente scivoloso e instabile, un misto di terriccio, ghiaia e sassi.

Raggiungiamo l’ampio falsopiano sommitale che collega il Testa Grigia al Monte Pinter, dove si trova il Bivacco Ulrich Lateltin, che avremo modo di visitare al ritorno. Per ora rimaniamo concentrati sulla meta principale di questa uscita e proseguiamo diritto. Il Testa Grigia si erge in lontananza, alla nostra sinistra. Sembra vicino ma sappiamo che il pezzo più complicato deve ancora arrivare e ipotizziamo servirà ancora un’oretta prima di poter suonare la campana. Non è un modo di dire, sulla vetta c’è davvero una campana.

Procediamo tenendo la sinistra e ignorando il bivio per il bivacco. Nel mentre si apre una vista pazzesca sul ghiacciaio del Monte Rosa e la sottostante Valle di Gressoney. Il ghiacciaio è sempre più sofferente, non posso non notarlo, ma la sua vista è sempre fonte di grande emozione.

Raggiungiamo il primo ostacolo della giornata, un saltino di roccia che bisogna superare aiutandosi con una catena metallica. Ripieghiamo i bastoncini dentro lo zaino per avere le mani libere. Bisogna proprio issarsi e darsi una spintarella per raggiungere l’ampia cengia sovrastante. Visto dal basso potrebbe risultare scoraggiante. Per me lo è stato. L’operazione richiede un po’ di elasticità e totale fiducia nelle proprie forze. Superato questo primo muro poi ci si può rilassare.

Ci si può rilassare ma non troppo. Abbiamo raggiunto la parte attrezzata del sentiero, l’ultimo pezzo, superato questo siamo in vetta. Decidiamo di depositare i bastoncini dietro un masso, li recupereremo al ritorno, in questo modo siamo liberi da qualunque impiccio.

Bisogna ora aggirare la famosa cengia lunga una sessantina di metri. Vista in foto è impressionante, nella realtà, basta prestare attenzione, procedere con cautela e totale presenza mentale. C’è un cavo metallico che aiuta il passaggio, ma il sentiero è pianeggiante e largo abbastanza da consentire di procedere anche senza tenersi. Non c’è però molto posto per il passaggio di due persone che procedono in senso opposto. Se incontrate qualcuno e oggi sembra esserci quasi una processione, il più cortese cede il passo all’altro. Oggi mi sento molto generosa ma solo perché ho una fifa blu. Sono sincera, questo passaggio mi fa davvero paura, tuttavia man mano che procedo mi rendo conto che è tutto mentale. La mia fantasia ha ricamato nel tempo e ingigantito i racconti letti e ascoltati, creandomi paure e timori del tutto infondati. Sia chiaro, non è un itinerario facile o da prendere alla leggera. Se soffrite di vertigine, avete paura del vuoto e i tratti esposti vi creano problemi, questa cima non fa per voi. È un itinerario che richiede allenamento, dimestichezza con i tratti attrezzati e credo una naturale attitudine a certi ambienti. A differenza di altri percorsi dove è solo una questione di forza, resistenza e allenamento a fare la differenza, questo richiede tecnica ed esperienza.

Raggiungiamo le scalette metalliche e il famoso cavo in acciaio che alcuni resoconti sul web hanno descritto come super scivoloso e impietoso. Forse nel tempo è stato sostituito, il sistema di catene e scalette è in ottimo stato.

Ripeto ancora una volta, non è un itinerario da prendere alla leggera e bisogna avere una buona dimestichezza con certe tipologie di sentiero, tuttavia questo ultimo pezzo, che tanto temevo, si rivela più semplice del previsto.

Ed eccoci finalmente in vetta! Provo un enorme senso di appagamento.

Oggi la soddisfazione è doppia, anzi tripla. Una nuova cima è stata conquistata, ho superato qualcosa che rimandavo da tempo per timori infondati e soprattutto sono stata accompagnata da una coppia di carissimi amici che hanno celebrato i loro primi 3.000 metri di altitudine.

Abbiamo più di un motivo per suonare la campana!

La cima è pianeggiante e accogliente, a darci il benvenuto troviamo un ometto di pietre e un treppiede posizionato dal CAI di Parabiago dove si trova la già citata campana e la scatola metallica contenente il libro di vetta.

Dopo una pausa e aver fatto il pieno di meraviglia volgendo lo sguardo a 360 gradi, ritorniamo sui nostri passi.  Il sentiero per scendere è lo stesso della salita.

Cavi metallici e scalette in ferro mi sono amiche anche a ritroso.  Anche quel pezzo con catena che mi aveva fatto tanto dannare a salire, preso in senso opposto, si rivela più semplice.

Tornati al falsopiano sommitale, proseguiamo con una digressione di pochi minuti praticamente in piano fino al Bivacco Ulrich Lateltin (3.113 m), una spaziosa e accogliente botte in posizione super panoramica sul Monte Pinter.


Dopo qualche foto di rito torniamo sul sentiero utilizzato a salire. La vera difficoltà dell’intera escursione la affrontiamo proprio ora. L’irta salita che dal Colle Pinter ci ha condotto fino alla base del pianoro dove sorge il Bivacco, in discesa si rivela una sorta di scivolo. Bisogna puntare bene le bacchette per non scivolare. Se alla vista del tratto attrezzato ho avuto paura ma era solo mentale, qui i miei timori sono unicamente corporei. Sento i muscoli in forte tensione e questo mi provoca un leggero irrigidimento. Basta avanzare lentamente ma richiede molta fatica, più che salire in vetta.

Nel momento in cui raggiungo il Colle Pinter tiro un sospiro di sollievo. Ora mi posso rilassare.

Scendiamo dal Colle e imbocchiamo nuovamente il sentiero 12 che ci riporta ad Ostafa. La percezione di questo pezzo di sentiero al ritorno è molto diversa rispetto la mattina, sembra quasi che abbiano spostato gli impianti. Percezione non solo mia ma condivisa anche dai miei amici. Sarà la stanchezza che inizia a farsi sentire.

Raggiunta Ostafa ci rilassiamo al bar ristorante e brindiamo alla giornata ricca di emozioni e nuovi traguardi.

Abbiamo impiegato 3 ore e mezza a salire pausa incluse, 3 ore scarse per scendere.

TABELLA RIASSUNTIVA

  • Partenza: Ostafa 2.400 m
  • Arrivo: Testa Grigia 3.314 m
  • Dislivello complessivo in positivo: 914 m
  • Totale km: 11,5

Leave a reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Stay Connected

ABOUT ME

Curiosa, entusiasta, sempre in movimento. Da quando ho iniziato a viaggiare non ho piu smesso! Se vuoi conoscermi meglio clicca sulla mia foto.

Categorie

Archivi

Advertise

×