TMF – TOUR DU MONT FALLERE – Seconda Tappa
- Agosto 05, 2024
- by
- Maria Paola Salvanelli
È sempre il 5 agosto e sto percorrendo il Tour du Mont Fallère.
Se vi siete persi il resoconto della prima tappa, potete rimediare a questo link.
Dopo una breve pausa in compagnia della memorabile torta Chaligne riprendo il mio itinerario.
In questo momento mi sono pentita di avere unito due tappe in una. Trascorrere un pomeriggio intero al Rifugio Chaligne (1943 m) a fare nulla, in totale relax, non era poi una brutta idea.
Mi piacerebbe prolungare la mia pausa ma più aspetto e più è dura ripartire. La tratta più impegnativa di questa seconda tappa è proprio quella che mi attende ora, raggiungere Punta Chaligne e il caldo delle ore 13,00 non aiuta.
Ancora una volta mi ripeto: affrontala con calma.
Dal Rifugio seguo le indicazioni per Punta Chaligne (2608 mt), 2 ore. Attraverso un ponticello in legno e inizio a salire in moderata pendenza, immettendomi da subito nel bosco. Intercetto un poderale che attraverso, tengo la sinistra, e dopo circa 50 passi ritrovo sulla mia sinistra il sentiero.
La pendenza inizia ora a farsi più decisa. Per arrivare a Punta Chaligne mi aspettano altri 665 metri di dislivello. Ho diversi momenti di sconforto ma mi basta ripensare alla torta chaligne per riprendere vigore.
Dopo un’oretta scarsa a passo molto tranquillo arrivo ad una panchina con una bella statua in legno di un lupo. Pausetta prima di riprendere il cammino.
La vera difficoltà del Tour du Mont Fallère credo sia il dislivello delle prime due tappe (vi ricordo che sto ora percorrendo la seconda tappa ufficiale del tour) tutto concentrato all’inizio; non è un dislivello che si sviluppa in lunghezza, è tutto compresso in pochi km. Procedo con fatica e altrettanta tenacia.
L’ultimo tratto di salita, poco sotto il ripetitore, è talmente verticale che ho quasi timore a fermarmi per paura di ribaltarmi all’indietro.
Ho finalmente raggiunto il ripetitore della Cresta Tardiva. La vista da quassù è pazzesca.
Il ripetitore è assolutamente antiestetico, l’ho fotografato solo per dovere di cronaca.
C’è una fioritura incredibile di margherite bianche e viola, piantine grasse rosa, ranuncoli gialli. Un bouquet che rallegra la vista e l’animo.
Il sentiero ora si dipana sul crinale. Estremamente suggestivo. Questi tracciati in cresta sono per me molto affascinati. Da un lato mi attraggono, da un lato mi procurano sempre qualche brivido di troppo ma alla fine è così che ci si rafforza, facendo quello che ci piace anche se all’inizio fa un pò paura.
Da qui posso ammirare tutte le principali vette valdostane: alla mia sinistra Gran Combin, il Cervino, la Becca di Vou, il Monte Avic, l’Emilius, la Grivola. Alla mia destra le Grand Jorasse.
Traccio con lo sguardo la strada percorsa da questa mattina, alle volte sembra impossibile di avere camminato tanto solo con le proprie gambe. Un po’ come nella vita. Spesso ripensiamo ai traguardi raggiungi, ai risultati che abbiamo ottenuto e siamo quasi increduli nel constatare quanto lontani siamo arrivati. Ogni tanto qualche passo indietro è concesso ed è pure necessario, ma siamo fatti per avanzare, per evolverci. E ogni tanto è bello prendersi del tempo per voltarsi e contemplare il cammino che ci ha condotto nel punto in cui ci troviamo, nella vita come in escursione. Attenzione, non vuole essere un atteggiamento egoico, un vantarsi. È pura presa di consapevolezza del nostro potere, fin dove può portarci la nostra volontà, per ricordarcelo nei momenti di difficoltà, quando stiamo attraversando un periodo di crisi o più complicato. A questo serve guardarsi indietro e godere dei traguardi raggiunti. Perché la vita si sa, è un continuo up & down, periodi tranquilli e felici si alternano a momenti più complessi e sfidanti; questi esercizi di contemplazione posso darci la forza di affermare: “ce l’ho fatta fino adesso, ce la farò ancora” e trovare la spinta dentro di noi per rialzarci e continuare ad andare a vanti, sempre e comunque.
Sono quasi in dirittura di arrivo a Punta Chaligne che fa da spartiacque tra la prima e la seconda tappa di questo tour. Qui sono collocate due grandi croci.
Da Punta Chaligne il Rifugio Fallère (2385 m) dista 2 ore e 30 di cammino. Arriverò giusto in tempo per la cena.
Scendendo verso il Col de Metz un cippo mi indica la direzione da prendere per scendere verso all’Alpe Chezere di sotto. Tengo quindi la destra. Il sentiero è come un nastro d’argento di srotola ai miei piedi.
Il sentiero di sinistra riporterebbe al Rifugio Chaligne, un itinerario ad anello che avevo percorso tempo fa in senso inverso. Questo il link all’escursione.
Dopo una ripida discesa, un lungo traversone a mezza costa mi permette di raggiungere una strada poderale che conduce all’alpeggio diroccato di La Neuve (2274m).
Da qui, riprendo a salire fino al Lago Fallère (2461 m).
Percorro un lungo tratto totalmente senza pensieri, assorta unicamente dal gesto meccanico del camminare; a questo punto della giornata diventa più un automatismo piuttosto che un movimento consapevole, la stanchezza ha il sopravvento su tutto, addirittura sui pensieri. Le acque allegre e gorgoglianti di un torrente, che attraverso grazie ad un ponticello in legno, mi risvegliano da una sorta di ipnosi in movimento in cui mi ero eclissata.
Arrivata al Lago Fallère mi accoglie uno scintillio di riflessi argentati.
Costeggio il lago e mi prendo un momento per immortalarlo nella luce calda e avvolgente del tardo pomeriggio. Semplicemente magico!
Dal Lago Fallère proseguo seguendo le indicazioni del TMF, prima in salita e poi con un lungo traversone a mezzacosta, che attraversa anche un piccolo tratto di pietraia, nulla di difficile, anche per le gambe più stanche.
Inizio ad essere stanchina, lo ammetto. I fischi delle marmotte sembrano volermi incitare a non mollare proprio adesso. O almeno così li voglio intrepretare.
Rifugio Fallère in vista. Ci siamo!
Come da tradizione, ogni volta che viisto il Rifugio Fallère, mi concedo un attimo di raccoglimento in questo angolino magico.
Costeggio il Lago delle Rane dove intravedo le prime statue in legno che compongono il Museo a cielo aperto di Siro Viérin. Viene da chiedersi quali sono le statue e quali le persone vere. Alcune statue sembrano prendere vita, soprattutto ora che sono accarezzate dalla luce fatata del tramonto.
Arrivata al Rifugio Fallère mi viene mostrata la mia camerata. Ho giusto il tempo di una doccia calda prima di cena, per lavare via la fatica e la polvere della giornata, nel rispetto mio e degli altri commensali, tutti già profumati e pronti per sedersi a tavola.