Trekking in Appennino – Giro ad anello verso il Monte Sillara
- Maggio 30, 2020
- by
- Maria Paola Salvanelli
Come ha fatto una giramondo come me a sopravvivere alla reclusione forzata di questi mesi? Effettivamente ancora non me lo spiego.
Forse avevo bisogno di una pausa, di riappropriarmi dei ritmi lenti e godermi il calore di casa. Mi sono organizzata per non cadere nell’apatia del vittimismo, tipica di quando bisogna adattarsi ad una situazione imposta dall’esterno e contro la quale non possiamo fare nulla. Ho scoperto che le cose da fare, anche all’interno delle quattro mura di un appartamento, possono essere le più disparate e non necessariamente includono scopa e strofinaccio. Il rischio ora, stando così bene nel proprio nido, è quello di provare una sorta di alienazione nei confronti dell’umanità. E alla lunga non va bene.
Domenica 24 maggio, dopo esattamente tre mesi, ho deciso che era ora di tornare nel mondo ma l’ho fatto a modo mio, puntando dritto verso l’Appennino. Tornare a camminare nella natura è stato inebriante, mi sentivo come un bambino dentro un negozio di giocattoli, con la voglia di toccare tutto. Foglie, alberi, sassi, acqua dei ruscelli…. forse è questo che provano le marmotte quando escono dal lungo letargo invernale. Per non parlare del verde della vegetazione che in questo periodo dell’anno è al massimo del suo splendore. Mi sono riempita gli occhi della sua brillantezza.
Avevo ipotizzato un giro anello abbastanza sfidante e non ero sicura che le mie gambe mi avrebbero seguito. Dopo tutto ero inattiva da un lunghissimo periodo. Forse l’entusiasmo ha smorzato la fatica o forse l’assidua frequentazione alle lezioni di yoga on line non sono servite solo allo spirito. Forse entrambe. O forse siamo semplicemente nati per camminare.
L’itinerario che ho scelta per il mio ritorno nella natura si trova in Val Cedra ed è forse il più panoramico e suggestivo del crinale all’interno del Parco Nazionale dei 100 laghi.
L’escursione parte dal Lago di Ballano, in Val di Tacca.
Superato Monchio delle Corti, ignoriamo la strada sulla nostra destra che indica Val di Tacca. Proseguiamo diritto e seguiamo per Tre Fiumi. Superata questa piccola frazione imbocchiamo la prima strada che sale sulla destra. Il cartello che indica Lago di Ballano non è molto visibile, bisogna prestare attenzione.
Arrivati al Lago di Ballano (1350 mt) lasciamo l’auto nell’area pic-nic attrezzata. Allacciamo gli scarponi e imbocchiamo il sentiero CAI 707 che attraverso una splendida faggeta conduce al Lago Verde (1490 mt). Non scenderemo fino al Lago Verde ma imbocchiamo la strada sulla sinistra che entra nel bosco e porta alla Capanna Cagnin.
Tra i tronchi degli alberi si riesce ad intravedere qualche scorcio del Lago Verde. Usciti dal bosco sbuchiamo su una ariosa valletta erbosa. La Capanna Cagnin (1590 mt) rimane un po’ defilata sulla nostra destra.
Si tratta di un piccolo edificio in pietra ristrutturato dagli amici in memoria del batterista Marco Cagnin, morto in giovane età in un incidente stradale. È a disposizione di tutti quelli che come lui hanno amato ed amano la montagna. Vi è una prima stanza dotata di stufa e tavoloni di legno ed una seconda con brandine dove poter dormire, ovviamente dovrete essere equipaggiati con il vostro sacco a pelo.
Imboccando il sentiero alla sinistra della Capanna Cagnin iniziamo a salire verso il crinale. Entriamo nuovamente nella boscaglia, qui formata da faggi dai tronchi particolarmente nodosi e ritorti. Superata una grande placca inclinata ci ritroviamo nuovamente tra gli ampi prati superiori ricoperti da cespugli di mirtilli che in autunno sono una delizia per il palato.
In mancanza di mirtilli ci “accontentiamo” delle delicate fioriture primaverili.
La fatica della salita è ripagata da un susseguirsi di laghetti di diverse dimensioni, siamo infatti all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, meglio noto come Parco Nazionale dei 100 laghi.
Da subito incontriamo il piccolo Lago Martini (1714 mt) e il bivio con il sentiero che conduce a Prato Spilla, che percorreremo al ritorno. Per il momento continua la nostra ascesa verso il Passo Giovarello (1754 mt).
Siamo sul crinale che separa l’Emilia Romagna dalla Toscana. La giornata non è delle più limpide ma riusciamo ugualmente a scorgere il Golfo di La Spezia, l’isola Palmaria e la piccola isola del Tino. La mia amata Liguria, meta dei miei abituali trekking primaverili a cui quest’anno, per ovvie ragioni, ho dovuto rinunciare.
Tenendo la destra proseguiamo verso il Monte Bragalata (1858 mt). Il nostro sguardo è subito catturato dai Laghi del Compione, che costeggeremo sul sentiero del ritorno.
Continuando a percorrere il crinale, tra numerosi sali e scendi raggiungiamo il Passo di Compione (1792 mt). Netta è la differenza tra versante Toscano, molto più ripido e scosceso e quello Emiliano, molto più dolce e degradante.
Qui il vento si fa improvvisamente meno delicato e ci impone di intabarrarci a dovere. Sul crinale è una situazione abbastanza frequente, assicuratevi di avere giacca anti vento, berretto e guanti; se alla partenza potrebbero sembrarvi un’esagerazione, vi saranno di grande conforto. Prossima tappa il Monte Sillara, il più elevato della zona con i suoi 1861 metri di quota (contro i 1852 mt del Marmagna 1831 mt dell’Orsaro). Nella conca sottostante ammiriamo gli splendidi laghi del Sillara, uno ha una forma che ricorda vagamente la tessera di un puzzle. Sul Monte Sillara è stata eretta una croce e troviamo la statuetta di una madonnina, protetta da una nicchia in pietra. Nonostante il forte vento e banchi di nubi che a tratti rendono impossibile la vista dei laghi, non sono mancate diverse soste fotografiche, anche se la grandiosità del luogo la si può solo vivere in prima persona.
Per il ritorno abbandoniamo il crinale, che avremmo dovuto ripercorre a ritroso e scendiamo attraverso un sentiero segnalato ma non numerato, fino a costeggiare i Laghi del Sillara prima e quelli del Compione poi. Essendo una zona più riparata dal vento, ci concediamo una breve pausa per consumare il nostro pranzo al sacco. Questi laghi, come tutti quelli presenti all’interno del Parco oltre ad essere molto suggestivi da un punto di vista fotografico e paesaggistico, sono molto importanti da un punto di vista naturalistico e, vista l’altitudine, oggetti di studio.
Superati i Laghi del Compione il sentiero torna leggermente a salire fino al valico di Passo Cavallo. Il nome credo derivi dalla sua forma, che effettivamente ricorda quella di un ferro di cavallo.
Il sentiero si mantiene in quota e, attraversando distese infinite di piantine di mirtillo, facciamo ritorno al Lago Martini.
Qui abbiamo due alternative. Percorrere a ritroso il sentiero dell’andata o completare l’anello passando da Prato Spilla (1353 mt), allungando di circa mezz’ora il percorso. Io amo gli anelli e la domanda è quasi retorica. Si prosegue verso Prato Spilla Segnavia nr 705.
Ben presto mi rendo conto che la scelta questa volta non è stata delle più felici. Il sentiero che scende ripido nel bosco non è dei più agevoli, è di quelli che sono solita definire “spacca ginocchia” e anche le mie, dopo tanti mesi di inattività, iniziano a dare i primi segni di cedimento.
Usciti dal bosco si prosegue sempre in ripida discesa seguendo le piste di questa stazione sciistica decisamente retrò della Provincia di Parma.
Molto più piacevole il tratto finale. Superato il “Parco 100 avventure”, l’ampia carrareccia che attraversa la bellissima faggeta ad alto fusto, ci riporta in circa 25 minuti al Lago Ballano.
Tenendo l’Hotel/Ristorante di Prato Spilla alle vostre spalle, il sentiero rimane alla sulla destra. È tutto ben segnalato, non vi potete sbagliare.
Insomma, come prima uscita direi niente male!