Itinerario in Oman – Forte di Jabreen e la Jabel Shams
- Aprile 11, 2018
- by
- Maria Paola Salvanelli
Nizwa sorge su antiche rotte carovaniere che dal deserto si spostavano verso il mare; una città di grande importanza strategica che, come ho già detto nel post precedente, era l’antica capitale dell’Oman durante il VI-VII secolo.
Nei dintorno di Nizwa in epoche passate sono stati edificati più di 500 forti, torri di avvistamento e castelli, oggi solo una parte è stata restaurata ed è visitabile.
Nizwa è un’ottima base non solo per visitare i castelli e forti ma anche micro paesini dove il tempo sembra essersi fermato ed altre incredibili meraviglie naturali.
Primo tra tutti, in ordine di apparizione, vi segnalo il Forte di Nakal, che abbiamo visitato il giorno in cui siamo arrivati a Niwza. È infatti ubicato vicino alle sorgenti di acqua calda di Al Tahwar, di cui vi ho parlato nel precedente articolo.
Sarà che è stato il mio primo forte, per me rimane uno dei più belli visti in Oman. La costruzione è imponente, si erge sopra di una rupe in mezzo a un palmeto all’ ingresso del distretto di Nakhal, nella regione di Al Batinah. Le mura lunghe 30 metri comprendono 6 torri di guardia. Si pensa abbia origini pre – islamiche ma non esistono documenti che lo accertino. L’architettura di questo forte non segue un particolare modello, infatti segue la forma irregolare della roccia su cui è stato costruito e che è integrata al forte stesso. Il forte è difficilmente affollato e questo vi darà la possibilità di scattare splendide foto; il forte è infatti molto scenografico grazie alla bella vista sulle montagne circostanti, alla posizione delle varie torri di guardia su più livelli e al caldo color ocra delle mura. È stato restaurato nel 1990 e all’ interno alcune stanze sono state allestite per mostrare il loro uso originale. È molto suggestivo aggirarsi all’interno del Forte, salire e scendere le numerose scale e scalette disseminate qua e là, ma vi consiglio di farlo con una guida per capire al meglio gli ingegnosi trucchi e trabocchetti utilizzati per scongiurare gli assalti dei nemici, tra cui porte con punte acuminate e le immancabili feritoie sopra le porte dove venivano agganciati i pentoloni con miele di dattero bollente, escamotage che ritroveremo anche negli altri forti che visiteremo.
Segue la visita al Forte di Jabreen, costruito nel 1670 dall’Imam Sultan Bin Saif Al Ya’Aruba.
Il Forte di Jabreen con le sue mura color ocra sembra quasi una costruzione di sabbia che emerge al centro di un fitto palmeto.
È tra i più imponenti e meglio conservati dell’Oman e agli occhi del visitatore appare più come il classico castello che non una fortezza. Diciamo pure che si tratta di un castello che fungeva anche da forte.
È composto da 55 stanze dislocate su 3 piani, e come appena accennato, a differenza del Forte di Nizwa e del Forte di Nakal, costruiti per scopi puramente difensivi, il Castello di Jabreen è stato prima di tutto una residenza e lo dimostrano le stanze finemente decorate e ammobiliate con morbidi tappeti e cuscini colorati, come la biblioteca dove sono custoditi anche diversi libri.
A piano terra si aprono gli ambienti comuni, come cucine e dispense. Durante la visita, si può osservare il magazzino dei datteri, il cui succo veniva convogliato negli appositi canali sotterranei.
Salendo si ha accesso ad ambienti più eleganti e raffinati.
La stanza più suggestiva è sicuramente quella del sole e della luna, con un soffitto a cassettone in legno intagliato e dipinto a tinte forti, dove predomina il rosso e delle finestre la cui caratteristica è quella di fare entrare distintamente la luce del sole e della luna, da qui il nome.
Notevoli anche le iscrizioni in rilievo che decorano alcune volte e pareti e riportano alcuni passi del corano.
Ovunque regna il silenzio e rispetto ai 30 gradi che ci sono all’esterno gli ambienti all’interno del castello regalano una piacevole frescura, accentuata da un sapiente metodo di areazione che grazie a semplici fori nei muri non hanno nulla da invidiare ai più moderni climatizzatori.
La frescura svanisce di colpo non appena raggiungiamo la terrazza all’ultimo piano, con le sue torrette di guardia è il punto più alto del castello. Anche qui la vista spazia a 360 gradi ma a differenza di Nizwa dove il panorama era notevole, si vedono solo campi, palme e qualche casa isolata.
L’entrata al Forte di Jabreen è a pagamento ma il costo del biglietto è irrisorio ed è compresa anche un audio guida in diverse lingue. Noi avevamo la nostra guida ma è utile saperlo se state viaggiando in maniera indipendente.
Bellissimo anche il forte di Bahla, dal 1987 patrimonio dell’Unesco, imponente per le sue dimensioni ma al momento chiuso per restauri e quindi impossibile da visitare.
Ma la vera chicca della giornata sarà l’ascesa alla Jabel Shams, la “Montagna del Sole”, fa parte del complesso dei Monti Al Hajar, la cui cima più alta raggiunge i tremila metri ed è famosa per i suoi scenari naturali.
Dal fondovalle, la comoda strada asfaltata che risale il profondo Wadi Ghul per circa una decina di chilometri, diventa una pietraia, da qui la necessità di lasciare il pullman (vi ricordo che sto partecipando ad un tour organizzato) e saliamo a bordo di robusti SUV 4×4 che si inerpicano per 8 km di tornanti e strapiombi vertiginosi. Dall’imbocco della strada che vi condurrà fino in cima potrete ammirare il villaggio abbandonato di Ghul, circondato da verdi campi. Un comodo spiazzo sulla destra vi permetterà una sosta fotografica.
Mano a mano che raggiungiamo la cima il paesaggio cambia totalmente, diventa quasi lunare. Le montagne brulle dell’Oman sono punteggiate da rari arbusti, unica fonte di sostentamento delle buffe caprette che animano questa terra desolata ma di grande fascino.
La strada tortuosa è un crescendo di emozioni e suggestioni fino a raggiungere quota 2.000 metri. Qui le pareti rocciose creano un canyon vertiginoso il Gran Canyon d’Arabia, denominato anche Wadi Ghul, un baratro enorme che si apre all’ improvviso e regala un panorama mozzafiato.
Purtroppo le foto non sono in grado di rendere la sua grandiosità e vi assicuro che non ha nulla da inviare ai Canyon più famosi.
Una volta in cima c’è un punto panoramico protetto da una ringhiera ma sul rimanente bordo del canyon non ci sono sostegni di nessun tipo. Potete avventurarvi per un breve tratto ma fate attenzione a dove mettete i piedi, è un attimo fare un volo di sotto mentre si cerca di scattare una foto da un’angolazione diversa e tenuto conto che la gola in alcuni punti raggiunge i 1.000 metri di profondità, lasciatevi si sedurre dal panorama ma rimanete vigili!
A darci il benvenuto qualche simpatica capretta alla ricerca di coccole ma soprattutto di qualcosa da mangiare. Ho provato con una caramella, anche se le caprette sono ghiotte di sale e devo dire che hanno comunque apprezzato.
Vi consiglio di portare una felpa o un magliocino, siamo in Oman ma pur sempre a 2.000 metri e la temperatura rispetto al resto del paese è molto più bassa, motivo per cui è molto frequentata in estate dagli stessi omaniti che scappano dalla pianura alla ricerca di un pò di refrigerio. A marzo la temperatura verso il mezzogiorno era di 20 gradi, quindi molto piacevole ma in inverno può scendere fin sotto lo zero.
Sul monte c’è anche un Resort dove abbiamo pranzato, Jebel Shams Resort, che ho aggiunto alla lista dei luoghi dove tornare, lista che solo qui in Oman sta diventando anche troppo lunga. Se ne avete il tempo consiglio di trascorrere una notte al Jebel Shams Resort per assaporare in tutta calma questa meraviglia naturale e dedicarvi ad uno dei trekking all’interno del canyon. Sicuramente sono impegnativi ma deve essere un’esperienza impagabile.
Se il vostro viaggio in Oman si svolge nei mesi di Aprile- Maggio non perdetevi una gita allo Jebel Akhdar, meglio conosciuta come la Montagna Verde. Questa montagna è famosa per la coltivazione delle rose e nei mesi della fioritura, oltre ad essere inebriati dal delicato profumo di questo fiore, potrete assistere alla raccolta dei petali per produrre la famosa acqua di rose largamente usata dagli omaniti sia in cucina che in cosmetica, in particolare nella produzione dei profumi.
Una volta ridiscesi a valle fate una visita al villaggio di Misfat al Abreyeen.
Misfat al Abreyeen è un posto difficile da rendere a parole. È un piccolo villaggio costruito su un’altura e letteralmente incastonato nella roccia formato da antiche case di terra e fango. Le abitazioni hanno un aspetto precario ma sopravvivono da secoli. Ricordano tanto quei paesini che si vedono nei presepi.
Con una breve passeggiata negli stretti vicoli del paesino si giunge a diversi terrazzamenti coltivati, un’oasi lussureggiante in netto contrasto con il resto del paese.
Qui si possono osservare da vicino i falaj, che si snodano tra palme, banani e orti coltivati. I falaj sono i canali d’acqua utilizzati nei tempi antichi per poter rendere coltivabili i terreni di queste aspre montagne, sono protetti dall’UNESCO dal 2006. In alcune vasconi le donne lavano indumenti e stoviglie.
Il piccolo villaggio di Misfat al Abreyeen infatti non è disabitato come può apparire ad un occhio disattento e gli abitanti non sono ancora abituati a ricevere visite da parte dei turisti. È quindi molto importante rispettare le tradizioni e non indossare abiti troppo scollati e succinti. Numerosi cartelli chiedono di rispettare questa etichetta nonché la privacy degli abitanti.
Con la stessa accortezza quindi (ma questo vale in tutto il mondo) se vedete un locale prima di puntargli il vostro obiettivo in faccia chiedete gentilmente se lo potete ritrarre, ad eccezione delle donne per cui vale un discorso a parte, raramente in questo viaggio mi hanno risposto di no.
Prima di lasciare Misfat vi suggerisco una sosta alla Misfah Old House, una deliziosa guesthouse ricavata da una vecchia casa omanita. La posizione in mezzo al palmento è stupenda, un’oasi di relax che profuma d’incenso dove rinfrescarsi con un succo di frutta fresca, un thè e gli immancabili datteri o qualche altra delizia della cucina locale.
A seguire veloce passeggiata per le vie di Al Hamra.
Purtroppo molte case sono crollate e il villaggio è in semi rovina. Attenti a dove mettete i piedi e non addentratevi all’interno delle costruzioni, che hanno un aspetto abbastanza pericolante. Nonostante l’avanzato stato di abbandono la visita è molto interessate per capire come venivano costruite le case semplicemente impastando fango e paglia e anche qui potrete studiare i falaji, l’ingegnoso sistema di irrigazione che portava acqua corrente alle abitazioni e che tutt’ora è in funzione e serve chi in mezzo a queste rovine ha trovato un riparo. Ovviamente non sono omaniti ma immigrati che come abbiano detto costituiscono il grosso della mano d’opera locale.
Lungo la strada del ritorno, da un punto panoramico apprezziamo una bella veduta di insieme del villaggio di Misfat al Abreyeen e del più grande abitato sottostante di Al Hamra, immerso in un oasi verdeggiante.
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1 Comment
Franca
12th Apr 2018 - 18:49E posso dire….tutto vero!!!che cielo!e che colori!!!